CARCERE DEL BASSONE

 

 

Nel 1984, per volontà del Vescovo Teresio Ferraroni e previo consenso del Ministro Provinciale, Alessio Squarise, ai Frati Minori Conventuali fu affidata la Cappellania del carcere di Como.

 

Padre Mario Peruzzo, già Parroco dal 15 settembre 1979, è il primo Frate ad essere nominato Cappellano delle carceri di Como, il 24 novembre 1984. Egli svolge la sua cappellania, inizialmente nella vecchia struttura di S. Donnino in Como, e successivamente nella nuova Casa Circondariale del Bassone, in località Albate, fino al settembre del 1988.

Diceva Padre Mario, primo Cappellano delle carceri, a proposito di questo Istituto: “Io vi entro come sacerdote per esaltare un messaggio di umanità anche nella pena del colpevole, per favorire con ogni mezzo il reinserimento in una società che resta ostile al detenuto, per suscitare la speranza di una vita diversa, per portare un messaggio di salvezza nel nome di Cristo e della Chiesa. E’ un compito quanto mai arduo, ma non mi arrendo. Nei momenti più difficili guardo a Gesù, il Maestro, che non a caso fu attento anche alla Maddalena ed a Zaccheo, una prostituta ed un ladro. E la prima persona di cui abbiamo notizia, abbia portato in paradiso con Lui, fu un condannato a morte, proprio sulla croce. Poi subito ricordo le parole: “Ero carcerato e mi siete venuti a visitare”.

La mia - aggiunge Padre Mario - è una visita per ascoltare, per condividere una sofferenza e talvolta, come suggerisce lo Spirito, per parlare insieme, per proporre le ragioni di una speranza che neppure le sbarre possono distruggere.“ (da “L’Informatore” del settembre 1987).

 

Con il suo successore nella cappellania, Padre Luigi Cerea, il mandato ricevuto assume un notevole impulso, e ciò grazie anche all’opera svolta dai volontari. Molteplici sono le iniziative assunte per alleviare in una qualche maniera la vita carceraria di tutti i giorni. Da Padre Luigi, vengono organizzati incontri di calcio e di basket, spettacoli teatrali ed esibizioni di cori, celebrazioni religiose e lotterie per la raccolta fondi devoluti ai più bisognosi, tombolate seguite da un piccolo rinfresco. In moltissime di queste attività, sono gli stessi gruppi parrocchiali a dare spesso una mano.

 

Un’opera di carità, questa, da sempre voluta fortemente dalla Provincia religiosa dei frati di S. Antonio, e continuata fino ad oggi attraverso l’impegno degli altri cappellani del carcere, di seguito elencati in ordine di avvicendamento:  

 

- Padre Luigi Cerea, dal 9 settembre 1988 al settembre del 1997;

 

- Padre Luigi (Sergio) Piovan, dal 17 settembre 1997 al settembre del 2004;

 

- Padre Giovanni Milani, dal 18 settembre 2004 a settembre 2017;

 

Padre Michele Rocco, dal settembre 2017 fino al 2021.

 

- Padre Zeno Carcereri dal 2021.

 

 

Ecco una testimonianza di Padre Giovanni:

 

     "La vita da cappellano è molto intensa, tante grazie e tante gioie accompagnano il mio cammino in questa casa circondariale e contemporaneamente incontro tante sofferenze e tanti dolori, con piccole e grandi Vie Crucis di questa nostra terra. Mi capita spesso di dover saltare dalla spensierata ilarità dei bambini con le loro mamme, alla fatica di tanti detenuti appesantiti dalla soffferenza.

     A volte, grazie alla fiducia dei detenuti, mi capita di entrare nelle stanze più profonde dei loro cuori; nella condivisione e nell'ascolto imparo la più bella realtà del Vangelo: "Cammina con l'uomo!".

     Grazie ai detenuti, ho sentito forte questo richiamo evangelico, ne ho avvertito l'urgenza nella mia vita, ne ho desiderato la realizzazione concreta. Mi commuove e mi stupisce l'incontro con Dio che non si realizza nelle grandi cattedrali o belle liturgie pompose, ma che si consuma anche nella realtà di una casa circondariale. E' questa la bella notizia del Vangelo: "Dio cammina con la persona che soffre!". Personalmente non trovo altra via se non questo "camminare con l'uomo".

     Camminare con l'uomo vuol dire non accontentarsi di stare bene insieme, vuol dire non chiudersi nei piccoli problemi interni, vuol dire spalancare gli occhi, metterci con semplicità con gli altri, esserci nelle mattine di risurrezione della vita di tanti fratelli, così come nei tristi tramonti da venerdì santo.

     Mettermi in cammino e permettere alla persona che incontro di poter liberare il cuore accogliendola, capirla, amarla così com'è, senza giudicarla o accusarla, accettarla con il suo peccato. Sia in carcere sia all'esterno, incontro molti crocifissi e mi è chiesto di far sì che i loro singoli volti non si perdano dentro la semplice elencazione di numeri e di condanne, ma che siano considerati a tutti gli effetti persone e cittadini. Ogni giorno incontro fratelli che dicono che nella loro vita hanno sbagliato tutto, che in loro non c'è nulla di buono e vedono solo fallimento. Non hanno nè presente nè futuro, sono uomini senza speranza. Ecco cosa riesce a fare il carcere: riesce a togliere e cancellare ogni speranza. Il compito di ogni cappellano è proprio quello di portare speranza. Nessuna vita è fallita, nessun uomo o donna che ho incontrato è così cattivo, la storia li ha portati ad agire in quel modo e desiderano un po' di comprensione.

     Come conclusione, non posso che pensare che tutto ciò che posso fare debba nascere dall'inginocchiarmi davanti alla croce di Gesù e degli altri due ladroni per trovare la forza e l'umiltà di rispondere al male con il bene".